Distrofie retiniche ereditarie: riacquistare la vista grazie alla terapia genica

Distrofie retiniche ereditarie: riacquistare la vista grazie alla terapia genica
Le distrofie retiniche ereditarie sono rare, di origine genetica e rappresentano la principale causa di cecità nell’infanzia e nell’età lavorativa.

Ma oggi, dopo oltre 20 anni di studi e ricerche, per le persone affette da questa malattia, causata da un gruppo di specifiche mutazioni genetiche, c’è la possibilità di poter riacquistare la vista.
Questo grazie a una terapia avanzata: la terapia genica.
In Europa l’Italia può vantare una posizione di grande rilievo, con 15 pazienti pediatrici complessivamente trattati, al pari della Germania. Ben 12 di questi bimbi sono stati curati a Napoli, presso la Clinica Oculistica dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria Università degli Studi della Campania “L. Vanvitelli”.

Distrofie retiniche ereditarie: cosa sono
Si tratta di un gruppo etereogeneo di patologie oculari, geneticamente determinate, in cui per coinvolgimento di geni e di meccanismi eziopatogenetici differenti si assiste alla progressiva degenerazione dei fotorecettori retinici (coni e bastoncelli).
Sono suddivise in due grosse categorie a seconda che siano interessati inizialmente e prevalentemente i bastoncelli (rod-cone dystrophies) o i coni (cone-rod dystrophies).
I sintomi di esordio sono differenti:
- le forme rod-cone sono caratterizzate da cecità notturna e riduzione del campo visivo;
- nelle forme cone-rod si assiste a un più precoce calo visivo centrale, deficit acquisito della visione cromatica, abbagliamento.
Nelle fasi terminali, qualora il danno si sia esteso a tutti i fotorecettori, le forme possono risultare sovrapponibili e difficili da distinguere anche con gli esami strumentali.
In alcuni casi le alterazioni retiniche costituiscono un segno nell’ambito di malattie sindromiche (che cioè coinvolgono più distretti dell’organismo) e in questi casi è necessario l’inquadramento polispecialistico del paziente (in particolare otorinolaringoiatra, neurologo, genetista clinico).
Quindi, le distrofie retiniche sono malattie ereditarie che comportano un’alterazione sia morfologica che funzionale della retina causate dal progressivo deterioramento del trofismo retinico che è il prodotto, a sua volta, di diverse mutazioni genetiche.
I sintomi si manifestano, non di rado, tra la prima e la seconda decade di vita.
Possono portare alla cecità totale che hanno un impatto soprattutto sui bambini e sui giovani adulti.
Si tratta di patologie invalidanti che colpiscono entrambi gli occhi e incidono gravemente sull’autonomia e la qualità delle vita sociale, personale e scolastica dell’individuo.

Decorso
Il decorso è progressivo.
Comincia con un residuo visivo che si va perdendo nel tempo.
La progressione può essere asimmetrica, ovvero diversa da un occhio all’altro, e varia a seconda del tipo di distrofia e dell’appartenenza a uno degli otto sottogruppi nei quali sono complessivamente catalogate.
Tutte le forme, però, sono destinate a causare ipovisione.
Tutte sono annoverate tra le malattie rare o ultra-rare, cioè con  un’incidenza di un caso su più di 5mila persone o più di un milione  rispettivamente.
Alcune, infine, sono sindromiche, presentandosi insieme a sordità, obesità, facies atipiche, ritardo psico-cognitivo, cardiopatia, alterazione metaboliche e muscolo-scheletriche

Distrofie retiniche ereditarie: sintomi
Nei primi stadi, più che interessare il visus (acutezza visiva) direttamente, le distrofie si manifestano con:
- la presenza di macchie nella vista detti scotomi;
- il restringimento del campo visivo;
- la difficoltà ad adattarsi ai cambiamenti di luce/buio (per esempio uscendo in macchina da una galleria);
l- a difficoltà di adattarsi alla luce stessa (fotofobia).
Ognuno di questi sintomi deve indurre a farsi visitare da un oculista.
Con il progredire della malattia il tessuto retinico diventa sempre più rarefatto, e anche il visus viene compromesso.
Inoltre, sono malattie estremamente difficili da diagnosticare sia per la rarità che per la  complessità di discriminare con precisione tra le differenze nelle alterazione funzionali, morfologiche e genetiche che le caratterizzano.

Ereditarietà
Il carattere di ereditarietà delle distrofie retiniche può essere dominante o recessivo.
Nel primo caso, qualora un genitore sia affetto, i discendenti avranno il 50% delle probabilità di ereditare la mutazione e si dovrà riscontrare, nell’albero genealogico, almeno un ammalato per ogni generazione.
Nel caso di mutazioni recessive, fratelli e sorelle avranno una probabilità di sviluppare i sintomi.
Esistono, poi, rari casi di “mutazioni de novo” ovvero mutazioni che si instaurano nel DNA del nascituro anche in presenza di genitori dal genoma non alterato.
Infine ci sono le forme di distrofie X-linked, ovvero quelle legate al cromosoma X e che si esprimeranno necessariamente nei maschi e lasceranno le donne di una famiglia portatrici sane.

Distrofie retiniche ereditarie: trattamenti
Ci sono trattamenti e precauzioni che rallentano il decorso della patologia.
In alcuni casi di forme sindromiche la terapia da seguire è quella della malattia di base (come la dieta mirata).
Numerosi sono gli studi e i protocolli terapeutici sperimentali eseguiti o in corso, tra cui il principale è costituito dalla supplementazione con vitamina A, che vanno però sempre attentamente valutati caso per caso anche in relazione ai potenziali effetti collaterali.
Inoltre, i pazienti possono essere aiutati con la prescrizione di lenti filtranti e di ausili ottici (presso i centri di ipovisione) per ottimizzare il proprio residuo visivo e migliorare in certi aspetti la sintomatologia.
I pazienti devono poi sottoporsi a periodici controlli specialistici completi per la diagnosi e il trattamento di eventuali complicanze (quali in particolare l’edema maculare, la neo-vascolarizzazione retinica, la cataratta).
Infine numerose sono anche le ricerche in corso, con risultati ancora preliminari, anche se incoraggianti, sulla terapia genica, che sembra essere l’unico orizzonte di cura.

La terapia genica
Le distrofie retiniche ereditarie, che rappresentano la principale causa di grave ipovisione o cecità e riguardano circa 5 milioni di persone affette al mondo, rappresentano la prima forma di malattia oculare a essere trattata con un approccio di terapia genica.
Questa innovativa terapia, destinata a persone affette da una rara forma di distrofia retinica ereditaria causata da una mutazione a danno di entrambe le copie del gene RPE65, ha prodotto un significativo e stabile miglioramento nella sensibilità alla luce, oltre che nell’allargamento del campo visivo e dell’acuità visiva.
La lunga strada che ha portato a questi risultati è cominciata nel 1997 con gli studi sul gene che, se mutato, è responsabile della patologia e la sperimentazione su modelli animali.
Solo 10 anni dopo, nel 2007, negli studi clinici di Fase I la terapia sperimentale è stata somministrata nei pazienti con l’obiettivo di determinarne il giusto dosaggio, soprattutto ai fini della sicurezza e della tollerabilità.
La terapia genica è stata autorizzata inizialmente negli Stati Uniti, nel 2017, ben 20 anni dopo l’avvio delle attività di ricerca, sulla base di diverse sperimentazioni cliniche su un numero più ampio di pazienti.
E l’anno successivo è stata approvata anche in Europa.

Cos’è la distrofia retinica ereditaria associata alla mutazione del gene RPE65?
Il gene RPE65 è uno degli oltre 260 geni che possono essere responsabili di una distrofia retinica ereditaria.
La mutazione di entrambe le copie di questo gene RPE65 può portare a cecità totale.
Nelle fasi inziali della malattia i pazienti possono soffrire di:
- cecità notturna (nictalopia);
- perdita di sensibilità alla luce;
- alterato adattamento al buio;
- perdita della visione periferica;
- perdita di nitidezza o di chiarezza visiva;
- movimenti ripetitivi incontrollati dell’occhio (nistagmo).
Si stima che la mutazione di entrambe le copie del gene RPE65 colpisca 1 persona su 200,000. Quasi il 60% dei pazienti è affetto da una forma severa della malattia che comporta gravi danni alla vista sin dalla nascita.
I pazienti con mutazione in entrambe le copie del gene RPE65 possono generalmente ricevere una diagnosi clinica di forme di amaurosi congenita di Leber o di retinite pigmentosa.
Ma è necessario un test genetico per confermare che la perdita della vista sia causata da mutazioni del gene RPE65.
L’accesso ai test genetici è quindi fondamentale per ricevere una diagnosi accurata e l’accesso al trattamento. Purtroppo, in molti paesi, i testi genetici sono carenti o nelle prime fasi di sviluppo o non sono disponibili su larga scala.

L’Italia in una posizione di rilievo
A Napoli, presso la Clinica Oculistica dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria Università degli Studi della Campania “L. Vanvitelli”, sono stati trattati ben 12 bambini con distrofia retinica ereditaria. “Nel 2019, autorizzati da AIFA, abbiamo trattato i primi due bambini in Italia, e oggi, a quasi 3 anni dalla terapia, possiamo confermare un’assoluta stabilità dei risultati ottenuti e un buon profilo di sicurezza.
Dati che ci rendono fiduciosi che quanto ottenuto in termini di capacità visiva perduri nel lungo periodo”, spiega Francesca Simonelli, professore ordinario di Oftalmologia e direttrice della Clinica Oculistica dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli.
Dopo l’approvazione di AIFA della rimborsabilità della terapia da parte del Servizio Sanitario Nazionale, nel 2021, i primi quattro bambini sono stati trattati già nel mese di aprile dello stesso anno, facendo poi seguire un altro paziente a maggio e concludendo con gli ultimi cinque a giugno”.
Il Centro campano è diventato così il primo Centro in Europa per numero di pazienti pediatrici trattati con la terapia genica e il secondo Centro per numero di pazienti totali (12 contro i 15 della Germania).
A oggi sono circa 3.500 i pazienti con distrofie retiniche ereditarie seguiti alla Clinica Oculistica dell’Università campana, di cui più del 50% proviene da fuori regione.
“Il valore aggiunto di questo innovativo ambito scientifico è la multidisciplinarietà.
La somministrazione di una terapia genica richiede un team altamente preparato composto da oftalmologi esperti della patologia, ortottisti, microchirurghi e infermieri.
Una perfetta conoscenza del percorso terapeutico e dell’universo delle distrofie retiniche, insieme alla stretta collaborazione con genetisti, farmacisti, anestesisti e coordinatori clinici si sono rivelate fondamentali per questo successo”, conclude Simonelli.