Visita guidata nel nostro Appennino: tutti pazzi per il fiabesco "Castello – Rocchetta Mattei" della Valle del Reno”.

Unione Nazionale Italiana Volontari Pro Ciechi
Sezione Provinciale di Bologna e di Reggio Emilia
Per informazioni e prenotazioni al: 3441399373
               
 Abbiamo in animo di organizzare per il giorno Venerdì 16 Settembre 2022 una “Visita guidata nel nostro Appennino: tutti pazzi per il fiabesco "Castello – Rocchetta Mattei" della Valle del Reno”.
 Se vi trovate a passare sulla Strada Statale 64, più comunemente conosciuta come Porrettana, che collega Bologna a Pistoia, provenienti dal capoluogo emiliano, non potrà certo passarvi inosservata la bizzarra costruzione eretta alla vostra sinistra, all'altezza di Riola, arroccata su un'altura rocciosa proprio nel punto in cui il fiume Limentra si getta nel Reno in territorio di Grizzana Morandi. Si tratta della ROCCHETTA MATTEI, voluta dal Conte Cesare Mattei nella seconda metà del secolo scorso.
 Fu lui (il Mattei) a creare quel groviglio di torri, di verande, di bastioni; a preferire il moresco come motivo fondamentale, poiché era quello che più dava nell'occhio. Ed egli aveva bisogno che ciò avvenisse per sbalordire, per suggestionare, per dar valore a cure delle quali si dicevan meraviglie e ancor oggi si proclamano miracolose per molte malattie fra cui il cancro.
 Cesare Mattei infatti si era creato un impero costruito grazie ai proventi della sua industria farmaceutica, sita anch'essa in Riola. Lui che medico non era, si era fatto grande sostenitore e promotore dell’elettromeopatia, curando con successo molte persone, tante importanti e conosciute, tutte ricche. Riola diventò così per un breve e felice periodo, meta di schiere di peregrini desiderosi di farsi curare da questo strano personaggio, più mago che medico, più incantatore che terapeuta, più feudatario che imprenditore.
  Al visitatore che si avvia all'ingresso si presenta il marmo con dedica del figlio adottivo Mario Venturoli al Conte Cesare Mattei, visto che il castello fu portato a pieno compimento da lui, dopo la morte del padre, anche perché  il Conte Mattei per tutta la vita continuò a progettare e costruire nuove ali e padiglioni e si trovava così perennemente ad abitare un “cantiere aperto”. Sulla lastra è scritto: Il Conte Cesare Mattei - sopra le rovine di antica rocca - edificò questo castello - dove visse XXV anni - benefico ai poveri - assiduamente studioso - delle virtù mediche dell'erbe - per la qual scienza ebbe nome in Europa - ed era cercato dagli infermi il suo soccorso - Mario Venturoli - compì l'edificio - e secondo il voto di lui -nel X anno dalla morte - ne portò qui le ceneri - con amore e riconoscenza di figlio -il III Aprile MCMVI.
 Una scala conduce al cortile interno scavato nella roccia, alla cui entrata è a guardia un ippogrifo. Da qui a sinistra l'accesso alla Loggia Carolina, a destra quello alla Torre, di fronte due gnomi sostengono lo stipite della porta. Al centro di questo cortile si trova una grande vasca marmorea, ricavata in un unico blocco, proveniente dalla Parrocchia di Verzuno, che serviva da fonte battesimale. Fu in questo cortile, nell'angolo a sinistra di chi entra, ove sporge la nuda roccia, che Cesare Mattei il 5 novembre 1850 alla presenza di pochi amici fra cui l'ingegnere Domenico Nanni Levera, pose la prima pietra della grandiosa costruzione.
 La scala della Torre conduce, attraverso un ponte levatoio, ad una stanzetta dalle finestre piccole e dal soffitto a piramidi sottili acuminate, o stalattiti, che fu la camera da letto del Conte Cesare Mattei. Vi sono ancora conservati i mobili che la corredavano al suo tempo e le molte pipe di varie grandezze e forme, delle quali fece uso. Quasi di fronte la scala delle visioni, dove una fantasia allegorica nella volta, rappresenta la nuova scienza omeopatica che vince la vecchia medicina.
 Bella e ingegnosa la scala di quercia, che porta alla sala inglese sull'alto del torrione principale. Il balcone accanto guarda un orizzonte superbo. Ridiscesi nella Loggia Carolina, che dà a chi entra l'illusione di trovarsi d'incanto in un sontuoso palazzo orientale, troviamo a destra la camera bianca e dopo la camera turca: nomi che bastano a descrivere gli ambienti. Dopo un breve tratto di roccia scoperta, rupe e balcone ad un tempo, vi è il Cortile dei Leoni, la parte meglio riuscita dell'intero edificio, felice riproduzione del cortile dell'Alhambra, la famosa fortezza di Granada. 
  A lato del cortile dei Leoni vi è l'ingresso a una specie di vasta cantoria, che sovrasta l'interno della chiesa del castello. Entro un'arca rivestita di colorate maioliche sono le ossa di Cesare Mattei. E accanto a questo, uno squarcio di astronomia, che invita l'uomo a meditare sull'immensità dello spazio.
 Con la mente piena dell'infinito ripassiamo dal Cortile dei Leoni ed entriamo nel ricco, vivace, allegro salone della Pace. Usciamo per attraversare la Sala della Musica e visitare la chiesa che è imitazione della cattedrale di Cordova. Accanto alla chiesa vi è   il Salone dei Novanta, così chiamato perché il Conte Mattei voleva in quello tenere un convito di vecchi nonagenari quando avesse raggiunto questa età. Morì prima del tempo senza aver vista la sala compiuta, che fu condotta a termine dal figlio adottivo Mario Venturoli Mattei. Si esce nel parco rigoglioso e da qui una elegante scala in macigno conduce alla carrozzabile Castiglione-Riola. Varie costruzioni minori destinate un tempo a locali di servizio ed oggi trasformate in villette graziose coronano il corpo principale.
 Il complesso degli edifici che abbiamo descritti, esistevano durante la Vita di Cesare Mattei e la maggior parte erano finiti.
Quelli incompleti furono terminati dal figlio che con vero amore condusse a compimento l'opera tanto cara al defunto. A lui sono dovuti, oltreché la definitiva sistemazione della Sala dei Novanta, la ricca decorazione e disposizione della Sala della Pace, così chiamata in omaggio alla fine vittoriosa della Grande Guerra, la Sala Inglese ed altre opere minori.
  Al termine della visita della rocchetta Mattei, ci trasferiremo in un ristorante nelle vicinanze per gustare in allegria un pranzo tipico tradizionale montanaro dell'appennino bolognese.
  Nel primo pomeriggio andremo in visita al borgo medioevale "La Scola": Un borgo medievale dove il tempo si è fermato. Uno straordinario borgo dove riscoprire l'architettura medievale. Non ci sono molti borghi nel territorio bolognese in cui si ha davvero l'impressione di essere tornati indietro nel tempo come per il borgo  La Scola.
  Vialetto del borgo "La Scola": Un tuffo nel Medioevo. Appena giunti nel borgo La Scola si ha l'impressione di essersi tuffati nel Medioevo. La maggior parte degli edifici risalgono al 1400-1500 e rappresentano eccezionali esempi dell architettura medievale appenninica ad opera dei Maestri Comacini. Costoro, provenienti da Milano e da Como, dove erano riuniti in cooperazioni e tenevano una scuola di arte muraria, contribuirono a diffondere l'architettura lombarda in vasti territori.
  Uno dei borghi più caratteristici del territorio grizzanese: Il bellissimo borgo, tra i più caratteristici del territorio grizzanese, è pervenuto a noi pressochè integro ed è stato riconosciuto come centro storico. Nell'Estimo del 1235 si cita una sola casa denominata  Sculcula , che sta ad indicare la sede di un piccolo distaccamento militare.  Sculca è anche un termine di origine romana che indica un posto di vedetta o di guardia in un luogo elevato.
  Un borgo nato come quartiere militare: Il borgo fortificato è nato infatti come quartiere militare e luogo di resistenza e difesa del centro monastico di Montovolo, di grande importanza economica e commerciale oltre che religiosa. Nell area di Montovolo, situata vicino al confine con i Longobardi, sono avvenute le leggendarie lotte tra guerrieri Franchi   detti Paladini    e Longobardi invasori. Il borgo fortificato aveva quindi un ruolo strategico e la funzione militare da esso sostenuta giustifica il nome e la sua composizione urbanistica, con edifici e torri addossate e reciprocamente integrate nel sistema difensivo che la natura orografica del luogo, quasi uno sperone a mezza costa, contribuiva a rendere più impermeabile alle offese nemiche.
  Un cipresso con oltre 7 secoli di vita: Il borgo è caratterizzato da una decina di torri incorporate o adiacenti agli edifici principali, tutti equiparabili a case-forti, che formano sette aggregati o  insulae urbane  di dimensioni rispettabili. Tre corpi edificati centrali godono di una serie di collegamenti fra di loro, specie ai piani superiori (corridoi pensili) che danno possibilità di arroccamenti interni molto utili in caso di assedio e di sortite eventuali. Risulta magnifico il gioco di volumi accentuato dall'elevazione delle torri e dal compenetrarsi dei corpi di fabbrica a più livelli ed è armonico il rapporto con il paesaggio circostante. Notevole il maestoso cipresso della Scola che con la sua altezza di 25 m e un età stimata di oltre 700 anni rappresenta un vero e proprio monumento della natura.
  Tempo permettendo, concluderemo la giornata, visitando la particolare ed interessante Chiesa di Riola progettata dall'architetto finlandese Alvar Aalto. L'architetto finlandese, progetta su commissione del Cardinale bolognese Lercaro, dopo il Concilio
Vaticano II, la chiesa di S. Maria Assunta di Riola nel 1966, ma solamente nel 1976, quattro mesi dopo la sua morte, avrà inizio il cantiere, conclusosi
due anni dopo, senza la costruzione del campanile; “ La chiesa senza campanile è una faccia senza naso ” asseriva la moglie di Aalto, anche perciò nel
1994 la chiesa di Riola ha trovato la forma pensata dall'architetto nella sua interezza.
Fondatore della Artek (centro per mobili contemporanei, arredamento, arte e arte industriale) e sostenitore dell'architettura funzionalista, Alvar Aalto
progetta S.Maria Assunta di Riola, unica sua opera italiana, ad esclusione del padiglione per la Biennale di Venezia, creando un edificio pienamente integrato
nella visione umanistica della vita.
Il funzionalismo "organico" con cui Aalto progetta, infatti, porta a considerare l'uomo e lo spazio urbano nel loro rapporto reciproco attraverso l'elemento
“luce”, che diviene il nerbo dell'architettura: essa, grazie alla sua funzione descrittiva, genera la forma, la forma genera la struttura e la funzione.
Molte fonti ricordano l'architetto finlandese, mentre studiava e programmava la costruzione della chiesa riolese, scrutando dall'alto il lotto in cui sarebbe
dovuta sorgere. Colpito dalla bellezza del paesaggio, propone quest'ultimo come tema ritmico della facciata, la quale, come le colline che la circondano,
perde pesantezza in un disegno frastagliato ed elegante nella sua irregolarità. Il binomio architettura- ambiente propugnato da Aalto non può prescindere
dai rapporti con la luminosità del cielo italiano, i colori della natura, l'acqua del vicinissimo fiume, come dimostrano alcuni schizzi in cui l'architetto
traccia un raggio di luce che collega il sole, la chiesa ed il fiume Reno.
La “nave rovesciata”, come viene simpaticamente definita la chiesa di Riola, presenta tre unità funzionali cui vengono attribuite diverse funzioni ambientali-luminose:
la navata, l'altare ed il battistero.
La struttura di S. Maria Assunta è dovuta ai sei archi di calcestruzzo armato, asimmetrici per dimensioni e curvature: una trave alternativamente rettilinea
o curvilinea è la struttura portante degli archi, le cui sollecitazioni sono state calcolate con avanzati programmi di calcolo.
I possenti archi, messi in opera a sostegno della trave continua, ossatura dei tre lucernari, di cui uno curvo e due a forma di “V”, donano alla chiesa
un respiro solenne, seppure nella sua estrema essenzialità.
  L'opera di Aalto è un contributo prezioso alla nostra storia, non solo per le innovative concezioni architettoniche, ma anche per il suo implicito insegnamento
etico. Il protestante Alvar Aalto costruisce una chiesa di culto cattolico, nelle vicinanze della Rocchetta Mattei, di gusto moresco, ricostruita nella
seconda metà dell'800. La vicinanza di tre realtà  culturali ed architettoniche così diverse è di notevole importanza, soprattutto ai giorni nostri, quando
forse si è smarrita la capacità di parlare con un linguaggio comune, multiculturale, senza preconcetti né intolleranze.
Il bel ponte di Riola sul fiume Reno sembra poter rappresentare la metafora dell'abbattimento di ogni distanza.
  L'aspettativa degli studiosi che hanno visitato Riola era alta, ovviamente non tutti conoscevano già il progetto, tutti sapevano però che avrebbero visitato un edificio emblematico sia per l'architettura contemporanea che per la liturgia riformata. Tutti, particolare non irrilevante, avevano ancora negli occhi la ridondanza di colori e di forme della cattedrale di Bologna, sede di una precedente riflessione. Molti , dunque, sono stati colti da stupore di fronte all'apparente semplicità e povertà della chiesa di Riola. 
La purezza delle forme ha stupito, ha disorientato molti la mancanza di un apparato iconografico. La chiesa insomma è parsa vuota. Qualcuno ha chiesto se non si sarebbero potute inserire vetrate colorate, qualcun altro statue e pitture. Le risposte non hanno lasciato spazio a dubbi: la chiesa di Riola è un caposaldo storico e non va toccata. 
  Riola di Vergato, il campanile ed il borgo. Chissà però, mi chiedo, se Aalto avesse potuto seguire il cantiere prima di morire, chissà se non avrebbe lui stesso, pur con la sua moderna classicità e con il suo rigore scandinavo, inserito in modo mirato vetrate colorate o pitture murali. A Ronchamp ci sono, e sono in perfetta sintonia con le forme e lo spazio dell'architettura (certo, l'attenzione di Le Corbusier nei confronti delle arti pittoriche era affatto diversa da quella di Aalto).
Al di là dei dubbi, alla fine della giornata, comunque, dopo la celebrazione dei Vespri si è potuta toccare l'intimità, il senso di serenità e di vicinanza, il senso di appartenenza anche dell'assemblea al presbiterio ed all'altare, un chè di conviviale trasmesso dall'architettura che è sconosciuto in altre chiese pur straordinarie come la cattedrale di Bologna in cui la prepotente bellezza delle forme induce timore e soggezione, e quindi, forse, lontananza da Dio. 
  L'allineamento visivo orizzontale tra l'occhio dell'osservatore, il fonte battesimale ed il fiume Reno, e l'allineamento verticale tra fonte battesimale e cielo attraverso il lucernario. I due allineamenti sono incrociati. 
  Nella chiesa di Riola il cielo e le alte cime degli alberi entrano dai lucernari della copertura, ed è bello vedere il cielo dalla chiesa, è bello scoprire quanto siano alti gli alberi già visti sulla riva del Reno vedendone spuntare solo la cima. E' bello riscoprire la presenza del fiume in fondo alla chiesa, quando entrati nel battistero scatta istantaneo l'allineamento visivo tra osservatore - fonte battesimale - finestra aperta sul fiume che scorre. E' bello che quest'asse visivo orizzontale si intersechi con un asse verticale che dal fonte battesimale sale al cielo attraverso il lucernario. E' bello che queste due linee ideali formino una croce. Negli occhi di chi guarda, all'immagine del fonte battesimale si sovrappongono le immagini dell'acqua del fiume e dell'azzurro del cielo. E' impossibile qui non pensare a Giovanni. Giovanni che battezzava nell'acqua, Giovanni che aveva visto lo Spirito scendere dal cielo su colui che altri non avevano riconosciuto. 
  E' bella la chiesa di Riola, perchè non è vero che in essa manchi il programma iconografico. Il programma iconografico c'è ed è di bellezza immensa. Non è fatto di statue o affreschi o quadri, ma è costruito con opere che nessun artista, scultore o pittore o architetto, sarebbe mai in grado di realizzare. Il programma iconografico è fatto con le opere vere e visibili del creato, con il cielo, con l'acqua, col fiume, con gli alberi, con la luce ...
  La chiesa disegnata da Alvar Aalto per la comunità di Riola di Vergato è una nave. Lo è nel vero senso della parola: una grande barca rovesciata su una sponda del fiume Reno. In questa nave, in quest'arca, alla fine dell'Ottobre 1999 si è imbarcato un gruppo di studiosi di liturgia e di arte......
  La comunità di Riola, per quel che è parso vedere, è fiera e orgogliosa della propria chiesa. L'edificio di Aalto ha dunque raggiunto uno scopo: è la casa in cui una comunità si riconosce.